Il Maestro Taji Kase diceva spesso che il tirocinio dei fondamentali “dovrebbe” accompagnare il praticante per tutta la vita, poiché la formazione è sempre collegata alla volontà dello stesso di evolvere e di studiare con il proprio corpo per conoscerlo sempre più affondo.
Tale bisogno metodologico è in grado di penetrare la barriera che divide la contestualizzazione della pratica del combattimento dalla formalizzazione del rispetto dei canoni stilistici e storici, in questa ricerca gli assiomi del kihon formano l’istanza delle moderne esigenze che rappresentano, a mio parare, una risposta alla sfida che chiede al karate, dopo lunghi anni di divisioni stilistiche, di essere “universalmente proporzionato” alle attuali necessità e convertibile ad ogni forma moderna di combattimento pur mantenendo la sua radice marziale potendone attingere le soluzioni migliori.
Non tutti si rendono conto che la grandiosità del karate sta nella possibilità di un sviluppo inesauribile, poiché, essendo provvisto di tre modelli metodologici; il kata, il kihon e il kumite, l’arte è stata congeniata e strutturata in maniera perfetta: il kata è il serbatoio, la memoria storica dove attingere i principi e le esperienze accumulate da altri uomini, le nozioni basilari e la creazione da dove è scaturita la pratica marziale stessa, il kihon è il riconoscimento “fattuale”, la continua ricerca, la progressione e l’avanzamento del sistema tendente alla perfezione il quale man mano che passano gli anni si arricchisce di altre umane esperienze, il kumite è il punto d’incontro di tutto questo apparato e anche il terzo fattore che offre al praticante, in un periodo di pace, la possibilità di verificare le sue conoscenze non solo scaturite dal “suo essere così” bensì da una rielaborazione del kata e del kihon fino al punto da poter essere applicato e spalmato ad ogni forma di combattimento.
A tal fine diventa illogico e improduttivo lo scollamento di una di queste tre specializzazioni: non possiamo mettere in pratica il karate e farlo ulteriormente evolvere senza considerare che l’arte del Karate attinge la sua “veridicità” proprio da questa trilogia che si trova come punto focale nel mezzo del metodo marziale oggi chiamato “karate-do”.