L'approfondimento di determinati aspetti impliciti nel karate costituisce il filo conduttore che ci permette, a mio avviso, di mettere a fuoco correttamente i termini di conoscenza dell'arte e i problemi che ne scaturiscono dalla sua divulgazione. Questo è decisamente il compito che dovrebbe assolvere un maestro d'arte di una certa caratura nei confronti dei propri adepti, ed è bene che alcuni maestri abbiano affrontato la discussione per condividere pensieri e preoccupazioni che, credo, facciano riflettete molti praticanti di karate. Il karate ortodosso è nato da una necessità pratica e utilitaria di univoca natura: la difesa personale! Per cui, l'arte come sintesi di un diritto legittimato a produrre sicurezza e libertà per tutti gli uomini, di qualsiasi ceto sociale e di qualunque nazione di appartenenza. Quando la natura del karate era mirata unicamente alla difesa personale, i praticanti di allora non si ponevano t problemi sulla reale efficace del poiché, molto probabilmente, loro avevano il modo di provarlo sul campo: per cui é assodato che il karate abbia sempre risposto a tale proposito, cioè essere una tecnica di autodifesa "efficace" , infatti diversamente non sarebbe giunto fino ai giorni no Tuttavia, in seguito a lunghi periodi di pace, tali principi fondamentali vennero incorporati, con fini meramente speculativi, ad una seconda natura di carattere religioso e, secondo il pensiero filosofico analitico, anche ad una speculazione ontologica: in tal senso il bisogno sublimato di nutrire l'anima dal punto di vista filosofico e religioso ha modificato il nucleo portante del karate di Okinawa, spostando l'ago della bilancia più verso una tecnica di realizzazione personale (do) che verso una tecnica efficace di autodifesa (goshin-jutsu). Tale seconda natura è stata ottenuta attraverso un processo di filtrazione dialettico e filosofico che è andato a modificare la prima e originale natura universalizzandola fino a farla diventare una natura di secondo ordine. Per cui la funzione principale e primigenia ha perso il suo valore e per alcuni istruttori anche l'interesse. Tutto ciò ha contribuito a fare abbandonare le sorgenti originali per dare posto ad altre funzioni, quali: esercizio fisico e tecnica di combattimento sportivo. Tale processo di metamorfosi e di mediazione, ad un certo punto, ha costretto il karate a sdoppiarsi e a dover sopperire a questo depotenziamento di natura marziale, aggiungendo altri scopi a quelli originali con l'obiettivo di rimarcare il concetto che l'arte (il karate) possa essere espressa solo attraverso tale forma di radicale consapevolezza. Lo stesso Funakoshi con l'aggiunta del suffisso "Do" , volle imprimere una diversa direzione da quella univoca e originale di tecnica di difesa personale. Una necessità per l'uomo moderno di esplicare il diritto a vivere una vita spirituale serena, bilanciata e appagante che oggi è per molti sempre più povera di valori spirituali: tale metamorfosi ha spinto alcuni maestri ad indossare gli abiti di santoni, altri ancora a comportarsi da veri gerofanti pronti a "vendere" un karate che promette attraverso la pratica di elevare l'umana e fallace natura. Con il cadavere "ancora caldo" di Gichin Funakoshi, alcuni dei suoi più importanti allievi si affrettarano a dare una terza natura, quella dello sport competitivo. Il processo di sportivizzazione, iniziato nel lontano 1957, ha condizionato lo sviluppo quantitativo ma soprattutto quello qualitativo del karate, oggi, tale processo è in pieno svolgimento: il primo ciclo si concluderà subito dopo le Olimpiadi di Tokio, ciò che accadrà dopo tale data è già visibile attraverso le due discipline che ci hanno preceduto: judo e taekwondo.