Padroneggiare l'arte del karatedo è un lavoro molto lungo e impegnativo(sanrem).
Ci sono diversi modi di praticare il karatedo, sicuramente il migliore è quello di entrare in collegamento con il nostro Maestro con una mente aperta, ricettiva e flessibile.
Le fasi del processo d'apprendimento di un'arte si basano sostanzialmente su tre pilastri fondamentali che sono comuni anche ad altre arti, non necessariamente marziali come il: cha no yu, ikebana, shodo.
Questo particolare processo (sanma), per essere realmente formativo deve reggersi su tre principi essenziali: apprendimento, tirocinio e abilità; la mancanza di uno solo di questi principi rende l'artista incompleto e imperfetto.
L'addestramento all'Arte dura una vita: per molti anni l'allievo deve seguire scrupolosamente, con la mente libera e disponibile (heijoushin), gli insegnamenti del Maestro, ogni gesto è unico e singolare.
Per apprendere in profondità la mente deve essere libera da preconcetti, "degna di essere addestrata", chi non crede in se stesso e nel proprio maestro non potrà mai raggiungere la profondità dell'arte, bonno, la mente turbata dal desiderio è espressione di una mente malata che non potrà mai produrre un "vero artista".
Lo zen e il karate hanno una passato legato dal doppio filo, uno scorso che per molti anni si è intrecciato, ognuna attingendo dall'altro.
I maestri fondatori del karatedo, oltre che essere dei seri praticanti, erano anche dei studiosi del simbolismo esoterico, del Buddhismo e del Taoismo che usarono intenzionalmente inserendo queste conoscenze anche nelle definizioni dei kata del karatedo, per trasmettere ai posteri la forza misteriosa che influenza, sia in ostilità che in concordanza, la coscienza, l'istinto e lo spirito dell'uomo artista.
Su questi presupposti i kata "numerici", un esempio potrebbero essere i gojushiho (54) sono un chiaro e inconfutabile desiderio di reciproco influsso, 54 è la metà di 108, questo numero nel simbolismo Zen rappresenta i 108 colpi di campana che scacciano i cattivi pensieri e le malattie che una mente troppo attaccata all'ambizione e al profitto materiale che si sviluppa nell'uomo che possiede.
Quando circa trent'anni fa, durante un allenamento, un grande maestro usò questo termine "colpire la campana" rimasi del tutto indifferente, risposi "oss", solo perché rispettoso di un'etichetta, ma senza avere afferrato il grande insegnamento che era racchiuso in quella semplice frase che pensavo fosse solo un semplice modo di dire, in questi ultimi anni inizio a comprendere qualcosa in più circa questa definizione e, come dal nulla sono riapparsi i suoi insegnamenti, oggi le sue indicazioni mi sono da stimolo e di grande aiuto nel proseguo della mia pratica giornaliera.
A mio avviso gli adepti del karatedo devono essere a conoscenza sin dall'inizio della loro attività che il karatedo è qualcosa che trascende la tecnica, la sfida che avviene durante la pratica del karatedo è una battaglia che per molto tempo deve essere combattuta in tre il maestro, l'avversario e noi stessi, è, quindi, impensabile, ai fini di una corretta formazione marziale, praticare solo i kihon e i kata, il karatedo è tutto ciò che il combattere comporta, implica il vivere e il morire, penetrando la mente fino al punto più profondo della nostra coscienza, honshin la mente originaria, una poesia Zen recita: " la mente illude se stessa. Quando c'è di mezzo la mente, devi stare in guardia".